Il film “Palazzina Laf”, diretto da Michele Riondino e uscito nel 2023, ha conquistato pubblico e critica per la sua intensa carica emotiva e il forte impegno civile. Pochi sanno, però, che la pellicola non è frutto di pura invenzione. Il lungometraggio è infatti basato su una vicenda reale. Si svolge tra la fine degli anni ’90 e i primi 2000, nel cuore dell’acciaieria Ilva di Taranto, simbolo di una delle più gravi crisi ambientali e lavorative in Italia.
Una fabbrica, un reparto, una verità scomoda: cos’è davvero la Palazzina LAF
Il titolo del film prende il nome dalla Palazzina LAF, acronimo che sta per Laminatoio a Freddo, un settore effettivamente esistente all’interno dello stabilimento siderurgico di Taranto. Questo reparto non aveva alcuna funzione produttiva. Era diventato una sorta di “reparto punitivo”, una terra di nessuno dove venivano confinati gli operai più scomodi. In particolare quelli che osavano sollevare la voce contro le condizioni di lavoro disumane e l’inquinamento ambientale provocato dagli altiforni.
Coloro che scioperavano o che denunciavano le gravi mancanze in termini di sicurezza e tutela della salute pubblica venivano spostati in questa palazzina. Lì venivano isolati psicologicamente, dequalificati e spinti alle dimissioni. Si trattò di uno dei primi casi riconosciuti ufficialmente di mobbing collettivo in Italia. Ben 79 lavoratori furono costretti a subire questo trattamento.
Un’opera tra denuncia e memoria: la genesi di “Palazzina Laf”
Michele Riondino, regista e protagonista del film, ha deciso di affrontare questa tematica forte e attuale partendo da un legame personale con la città di Taranto, sua terra d’origine. In un’intervista a Radio Deejay ha spiegato:
“Era da anni che mi occupavo della questione Ilva, partecipando ad eventi e proteste. A un certo punto ho sentito il bisogno di raccontare questa storia, di trasformare tutto il materiale raccolto in un film.”
L’ispirazione diretta è arrivata anche dal libro “Fumo sulla città” del giornalista Alessandro Leogrande, scomparso prematuramente. Il suo lavoro giornalistico ha documentato con precisione e partecipazione le condizioni disumane vissute dagli operai dell’Ilva. Così, ha consegnato alla memoria collettiva un reportage che oggi rappresenta un prezioso atto d’accusa contro uno dei più gravi scandali industriali italiani.
Trama di “Palazzina Laf”: tra ricatti, illusioni e verità nascoste
Ambientato nel 1997 a Taranto, il film racconta la storia di Caterino Lamanna, un operaio onesto e semplice interpretato dallo stesso Michele Riondino. Il protagonista sogna una vita migliore accanto alla sua compagna Anna (Eva Cela). Magari lontano dagli altiforni, dai turni massacranti e dalla nube tossica che grava sulla città.
Tutto cambia quando un dirigente dell’Ilva, Giancarlo Basile (interpretato da un magistrale Elio Germano, premiato ai David di Donatello), gli propone una promozione in cambio di una collaborazione spiacevole. Caterino dovrà fare da spia, segnalando colleghi politicamente attivi o considerati pericolosi. Lamanna inizialmente accetta. Tuttavia, quando si ritrova assegnato alla famigerata Palazzina Laf, apre gli occhi sulla realtà.
Qui scopre il dramma silenzioso di decine di operai “esiliati”, trattati come elementi da eliminare. Sono privati di qualsiasi funzione e alienati dal sistema. Attraverso questa esperienza dolorosa, Caterino intraprende un percorso di presa di coscienza. Infine, sceglie di ribellarsi e abbracciare la causa della dignità e della sicurezza sul lavoro.
Il cast e gli elementi che hanno contribuito al successo del film
Il film, oltre a Riondino e Germano, vanta un cast d’eccezione: Vanessa Scalera, Domenico Fortunato, Fulvio Pepe, Michele Sinisi, Anna Ferruzzo e molti altri, tra cui diversi volti noti del panorama teatrale pugliese. Le musiche originali sono state curate da Teho Teardo, mentre il brano conclusivo “La mia terra” di Diodato, originario anch’egli di Taranto, ha conquistato il David di Donatello per la miglior canzone originale.
Il significato di “Palazzina Laf”: tra memoria, denuncia e speranza
Più che una semplice opera cinematografica, “Palazzina Laf” rappresenta una potente denuncia sociale. Mette al centro una pagina oscura della storia industriale italiana, spesso ignorata o minimizzata. Tuttavia, ha lasciato cicatrici profonde nella vita di centinaia di lavoratori e nei polmoni di un’intera città.
Attraverso la vicenda personale del protagonista, il film lancia un messaggio universale. Non si può restare indifferenti di fronte allo sfruttamento, all’umiliazione sistematica e alla negazione dei diritti fondamentali. La sicurezza sul lavoro, la salute e la dignità umana non sono privilegi, ma diritti irrinunciabili.
Una lezione di coraggio civile: perché guardare “Palazzina Laf”
Con tre David di Donatello vinti nel 2024 e un’accoglienza calorosa da parte della critica, “Palazzina Laf” è uno dei film italiani più significativi degli ultimi anni. È una pellicola che fa riflettere. Racconta con durezza ma anche con umanità la resistenza silenziosa di uomini comuni contro un sistema spietato.
Guardarlo non significa solo scoprire una storia vera: significa rendere omaggio a chi ha lottato e continua a lottare per i diritti di tutti i lavoratori, oggi come ieri.