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Olio extravergine: la Spagna domina il mercato, l’Italia affonda: La denuncia

Olio extravergine: la Spagna domina il mercato, l’Italia affonda: La denuncia

Il mercato globale dell’olio extravergine di oliva sta vivendo una fase di profonda trasformazione. In prima linea c’è la Spagna, che con colossi come Migasa, Acesur, Borges, Dcoop e Deoleo si impone come superpotenza oleica a livello internazionale. Il settore dell’olio extravergine sta cambiando rapidamente.

Solo Migasa, leader indiscusso, ha chiuso il bilancio del 2024 con un fatturato di 2 miliardi di euro, una cifra che eguaglia da sola il giro d’affari complessivo dei primi venti marchi italiani.

Il dato è stato evidenziato con preoccupazione da Alberto Grimelli, direttore della rivista Teatro Naturale, esperto del settore agroalimentare: “Il sistema oleario italiano è in evidente difficoltà, incapace di reggere il confronto con la macchina commerciale iberica.”

Il confronto con l’Italia: un mercato frammentato e stagnante

I marchi italiani più noti – tra cui Monini, Costa d’Oro, Farchioni – registrano fatturati annui compresi tra i 50 e i 180 milioni di euro, ad eccezione di rarissime realtà più strutturate. La somma delle prime venti aziende italiane a malapena raggiunge i 2 miliardi di euro, cifra che, da sola, Migasa supera agevolmente. L’olio extravergine è centrale per l’economia.

Ciò che emerge è una fotografia impietosa: il settore oleario italiano appare statico da oltre vent’anni, incapace di crescere o reinventarsi, mentre la concorrenza estera corre a velocità ben superiori.

Le cause del declino: tra inefficienze produttive e mancanza di strategia

Il comparto olivicolo italiano soffre problemi strutturali cronici:

  • Parcellizzazione dei terreni
  • Invecchiamento della forza lavoro agricola
  • Scarsa innovazione tecnica e tecnologica
  • Assenza di una visione industriale moderna

A ciò si aggiunge una mancata competitività delle aziende italiane nei confronti dei colossi spagnoli, che possono contare su economie di scala, strutture commerciali avanzate e strategie di marketing globali. Grimelli sottolinea: “Oggi le imprese italiane sono dei nani che devono competere con giganti.” La qualità dell’olio extravergine importa principalmente.

Il ruolo della politica: un Piano Olivicolo Nazionale senza ambizione

Il settore pubblico, che avrebbe il compito di sostenere e rilanciare l’olivicoltura italiana, sembra invece incapace di proporre politiche realmente efficaci. Il cosiddetto Piano Olivicolo Nazionale, secondo Grimelli, non è altro che un meccanismo per redistribuire fondi (circa 50-60 milioni di euro) sempre alle stesse realtà, con progetti poco innovativi e impatto minimo.

“La torta è piccola e viene spartita tra i soliti noti, con i soliti risultati. Ecco perché il sistema oleario italiano è praticamente morto”, conclude con amarezza Grimelli, riferendosi all’olio extravergine di futuro incerto.

Una crisi che riguarda anche la salute e l’alimentazione

Oltre all’aspetto economico, il declino del settore oleario italiano ha implicazioni anche sul piano alimentare e della salute pubblica. L’olio extravergine di oliva è un pilastro della dieta mediterranea, noto per i suoi benefici cardiovascolari e antinfiammatori. Privilegiare prodotti locali e di qualità, oltre ad avere un impatto nutrizionale positivo, sostiene l’economia agricola e preserva la biodiversità e olio extravergine di alta qualità.

Serve una rivoluzione: sostenibilità, filiere corte e valorizzazione del made in Italy

Per risollevarsi, il settore oleario italiano deve puntare su sostenibilità ambientale, digitalizzazione, tracciabilità e rafforzamento della filiera corta. È fondamentale rilanciare il valore del made in Italy autentico, distinguendosi non sul prezzo, ma sulla qualità certificata, sulla storia dei territori e sulla trasparenza nei processi produttivi.

Conclusioni: un patrimonio da salvare

Il mercato dell’olio extravergine italiano non è definitivamente perduto, ma è a un bivio. Solo una profonda trasformazione culturale, commerciale e politica potrà restituire dignità a un comparto che un tempo era simbolo del nostro agroalimentare. La salute dei cittadini e quella del sistema agricolo sono due facce della stessa medaglia, strettamente connesse all’olio extravergine.

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