Evita i cibi confezionati nella plastica: potrebbero causare un effetto collaterale pericoloso

Un recente studio condotto dall’Università di Oxford e guidato dal professor Timothy Walsh lancia un nuovo allarme per la salute pubblica: le microplastiche presenti nei cibi confezionati nella plastica potrebbero essere un veicolo per la diffusione di batteri resistenti agli antibiotici. La scoperta apre scenari preoccupanti, in cui l’inquinamento ambientale si intreccia pericolosamente con la crisi della resistenza antimicrobica.

Come agiscono le microplastiche nell’organismo umano?

Le microplastiche sono frammenti minuscoli, spesso invisibili a occhio nudo, che derivano dalla degradazione di oggetti comuni come sacchetti, bottiglie e imballaggi alimentari. Secondo lo studio, queste particelle – generalmente inferiori a 2,5 micrometri – riescono a penetrare nel corpo umano attraverso l’aria che respiriamo, l’acqua che beviamo e persino attraverso gli alimenti che consumiamo. Gran parte di queste microplastiche proviene dai cibi confezionati nella plastica.

Una volta entrate nell’organismo dai cibi confezionati nella plastica, le microplastiche non sono inerti. Possono infatti assorbire antibiotici presenti nell’ambiente e diventare un vero e proprio vettore di esposizione per i batteri. Questo processo favorisce l’adattamento dei microrganismi, che iniziano a sviluppare forme di resistenza sempre più difficili da combattere con i farmaci disponibili.

Cosa sono i biofilm e perché rendono i batteri più pericolosi?

Una delle scoperte più inquietanti dello studio riguarda la formazione dei cosiddetti biofilm batterici, ovvero colonie di batteri che aderiscono a superfici – come quelle delle microplastiche – e vivono in stretta prossimità tra loro. In queste condizioni, i batteri scambiano materiale genetico, inclusi geni di resistenza agli antibiotici, in modo molto più efficiente.

Materiali plastici molto diffusi, come il polietilene (PE), il polipropilene (PP), il polistirene (PS) e il polietilene tereftalato (PET), sembrano particolarmente adatti alla formazione di biofilm. Il risultato? I batteri evolvono rapidamente e diventano più resistenti ai trattamenti medici, fino a diventare veri e propri superbatteri. A causa di ciò, i cibi confezionati nella plastica rappresentano un rischio maggiore per la salute.

Qual è il rischio reale per la salute umana?

Secondo i ricercatori, l’ambiente creato dalle microplastiche può aumentare fino a 200 volte il rischio di sviluppo e diffusione dei superbatteri. Un dato che non può essere ignorato, considerando che le infezioni causate da batteri resistenti sono già oggi responsabili di milioni di morti ogni anno a livello globale.

Lo studio suggerisce che non si tratta solo di una minaccia potenziale: è un rischio concreto, alimentato dal nostro utilizzo quotidiano della plastica e da un abuso generalizzato degli antibiotici, spesso assunti senza reale necessità o prescrizione. Aumentando la consapevolezza riguardo ai cibi confezionati nella plastica, possiamo tutelare meglio la nostra salute.

Cosa possiamo fare per proteggerci da questo pericolo invisibile?

Gli autori dello studio propongono una strategia multidimensionale per contrastare questa emergenza silenziosa. Innanzitutto, è fondamentale ridurre l’uso della plastica monouso, soprattutto nei settori alimentari e medicali. Allo stesso tempo, serve un controllo più rigoroso sulla prescrizione e sull’uso degli antibiotici, per limitare la selezione dei batteri resistenti.

Inoltre, è necessario incentivare la ricerca di materiali alternativi alla plastica convenzionale, promuovendo al contempo una maggiore consapevolezza pubblica sull’impatto che le microplastiche possono avere sulla salute umana e ambientale. Adottando queste misure, si può ridurre l’impatto negativo dei cibi confezionati nella plastica.

La ricerca di Oxford è solo l’inizio: servono interventi globali

Il lavoro del team guidato da Timothy Walsh non rappresenta un punto d’arrivo, ma piuttosto un campanello d’allarme. L’invito è a riflettere profondamente su quanto la nostra quotidianità sia intrecciata a un materiale tanto utile quanto pericoloso, e a prendere decisioni coraggiose a livello individuale e politico.

Ridurre la plastica, migliorare l’igiene sanitaria, promuovere l’educazione ambientale e controllare l’uso degli antibiotici: solo così possiamo evitare che una minaccia invisibile come quella dei superbatteri si trasformi in una crisi sanitaria globale senza precedenti.

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