Raoul Bova rompe il silenzio e avvia una maxi querela dopo lo scandalo dei messaggi privati

Raoul Bova rompe il silenzio e avvia una maxi querela dopo lo scandalo dei messaggi privati

Le acque restano agitate intorno a Raoul Bova, protagonista involontario di una vicenda che nelle ultime settimane ha catalizzato l’attenzione mediatica e scatenato un acceso dibattito sui social network. Dopo giorni di silenzio e speculazioni, l’attore romano ha finalmente deciso di intervenire pubblicamente, passando dalle parole ai fatti concreti.

Al centro della bufera ci sono dei messaggi audio privati, trapelati e diffusi senza autorizzazione, alcuni dei quali sono stati anche rilanciati nella recente puntata di Falsissimo, il programma satirico e provocatorio ideato da Fabrizio Corona. La diffusione di questi audio ha generato un vero e proprio polverone mediatico, trasformandoli da contenuti riservati a oggetto di satira, meme virali e persino strumenti di marketing non autorizzati.

Il caso: una cronologia degli eventi

Tutto ha avuto inizio lo scorso 21 luglio, quando Falsissimo ha dedicato una puntata interamente alla vicenda che coinvolge Raoul Bova e la giovane modella Martina Ceretti, con cui si ipotizza un rapporto personale. Da quel momento, gli audio sono circolati rapidamente su piattaforme social e siti web, perdendo qualsiasi riservatezza.

Nonostante il tentativo di Bova di mantenere un profilo basso e riservato, l’eco mediatica si è propagata a macchia d’olio, investendo non solo i social, ma anche programmi televisivi e testate giornalistiche. Alcuni estratti degli audio sono stati addirittura inseriti in contenuti promozionali ironici, provocando la reazione furiosa dell’attore, che ora ha avviato una querela civile e penale di ampia portata.

I protagonisti della querela

Secondo le informazioni diffuse da Gabriele Parpiglia tramite la sua newsletter, la lista delle persone e società coinvolte nella querela di Bova è decisamente ampia e comprende colossi del web come Meta, Google, YouTube, TikTok e X Corp, ma anche aziende apparentemente estranee al mondo digitale, come Ryanair, la società sportiva S.S.C. Napoli, Torino F.C. e altri nomi che non sono ancora stati resi pubblici.

Una delle sorprese più rilevanti è l’inclusione di Alba Parietti, nota opinionista e conduttrice televisiva, attualmente in vacanza, che avrebbe pubblicato su Instagram un reel giudicato “altamente diffamatorio” nei confronti di Bova. Nel video, Parietti ha commentato con ironia la vicenda, affermando che Bova avrebbe mostrato una “parte fragile del suo carattere” e criticando la donna che ha reso pubblici i messaggi per motivi di notorietà personale.

Parietti si è poi rivolta direttamente all’avvocato di Bova, Annamaria Bernardini De Pace — che non è solo legale dell’attore, ma anche madre della sua ex moglie Chiara Giordano — dicendo: “Annamaria, non mi fare causa per questo, ma ti dico che al posto del tuo ex genero, non ti avrei scelto come avvocato.”

La strategia difensiva e le accuse

L’azione legale intrapresa da Bova ha un duplice scopo: da un lato tutelare la sua reputazione pubblica, dall’altro contrastare quella che definisce una “diffusione illegittima e massiccia” di contenuti privati. Le accuse formali parlano di violazione della privacy, diffusione illecita di dati personali e danno all’onorabilità.

Le indiscrezioni rivelano che l’attore potrebbe chiedere un risarcimento economico multimilionario, stimato intorno ai 20 milioni di euro. Questa cifra rifletterebbe non solo il danno d’immagine subito a causa della diffusione virale del presunto tradimento ai danni della sua ex compagna Rocio Munoz Morales, ma anche le ripercussioni personali e familiari, segnate dalla separazione e dal coinvolgimento, seppur indiretto, dei figli della coppia.

Cosa succederà adesso?

Al momento, nessuno dei soggetti coinvolti ha rilasciato dichiarazioni ufficiali, mantenendo un riserbo che lascia aperti molti interrogativi. Il caso si avvia verso un iter giudiziario complesso, dove spetterà ai tribunali valutare la fondatezza delle accuse e decidere l’entità delle eventuali responsabilità.

In ogni caso, la vicenda di Raoul Bova rappresenta uno degli esempi più eclatanti di come la privacy e la sfera personale possano essere messe a dura prova nell’era digitale, con conseguenze che travalicano il mero gossip e investono diritti fondamentali tutelati dalla legge.

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