“Maschi veri”, la nuova serie Netflix che smonta il mito del maschio alfa con ironia e intelligenza

“Maschi veri”, la nuova serie Netflix che smonta il mito del maschio alfa con ironia e intelligenza

Con un cast di prim’ordine e una scrittura sagace, “Maschi veri” è la nuova scommessa italiana di Netflix. Un titolo che promette di far discutere e riflettere. La serie, disponibile dal 21 maggio, affronta il tema della mascolinità nell’era post-#MeToo. Mette a nudo insicurezze, fragilità e contraddizioni dell’uomo contemporaneo. In otto episodi agili e pungenti, Pietro Sermonti, Francesco Montanari, Maurizio Lastrico e Matteo Martari interpretano quattro uomini over 40. Sono alle prese con una crisi d’identità tutta al maschile.

Prodotta da Matteo Rovere — già dietro al successo di “Supersex” e “La legge di Lidia Poët” — e adattata dalla serie spagnola “Machos Alfa”. La versione italiana è firmata da Furio Andreotti, Giulia Calenda e Ugo Ripamonti. Rappresenta una riflessione profonda ma accessibile sul significato dell’essere “uomo” oggi.

Un gruppo di amici alle prese con se stessi

I protagonisti sono Luigi (Pietro Sermonti), Massimo (Matteo Martari), Mattia (Maurizio Lastrico) e Riccardo (Francesco Montanari), amici da sempre. Sono membri attivi della chat di gruppo “Maschi veri”, che ufficialmente serve per organizzare partite di padel. In realtà, diventa il loro confessionale quotidiano. Ognuno di loro si ritrova a fare i conti con il crollo delle certezze su cui ha costruito la propria identità maschile.

Luigi, bloccato nell’intimità con la moglie, si sente perso e giudicato. Massimo, licenziato per comportamenti sessisti, non accetta che la sua compagna guadagni più di lui. Mattia è divorziato e incapace di ripartire. Riccardo, infedele seriale, va in crisi quando la fidanzata gli propone di aprire la relazione.

Una serie che parla a tutti, con sincerità e ironia

“Maschi veri” non punta a fornire risposte definitive. Invece, apre un dialogo necessario. La serie non cade nella trappola della predica o dell’attivismo dogmatico. Piuttosto, accompagna lo spettatore con tono ironico e intelligente. Mostra quanto i modelli maschili tradizionali siano oggi obsoleti e dannosi — non solo per le donne, ma anche per gli uomini stessi.

L’idea di maschio alfa, dominante, sicuro, competitivo, viene smontata pezzo dopo pezzo. Attraverso i dilemmi quotidiani dei protagonisti. Emblematica è la scena in cui Massimo non riesce ad accettare di essere sostenuto economicamente dalla compagna. Questo momento mostra come la parità di genere faccia ancora paura a tanti uomini, anche quelli apparentemente moderni.

Un cast affiatato che funziona

A rendere credibili le vicende di “Maschi veri” è anche la straordinaria alchimia tra i quattro attori protagonisti. Pietro Sermonti fa da collante tra i personaggi, come confermato anche in conferenza stampa. Lì è emerso il lavoro sul campo fatto per creare una vera sintonia tra i membri del cast. Lastrico interpreta il sensibile e riflessivo del gruppo. Montanari è il più diretto e tagliente. Martari incarna il “maschio tossico” che tutti conosciamo. Sermonti è l’elemento più empatico, il mediatore, quello a cui non si può che voler bene.

Maschi in crisi: un tema attualissimo

La serie arriva in un momento delicato, in cui la conversazione sulla mascolinità è polarizzata. Da una parte il progresso culturale, la spinta verso l’uguaglianza, l’apertura mentale. Dall’altra il backlash conservatore alimentato da figure tossiche come Andrew Tate e dai social, che spingono milioni di giovani verso modelli di mascolinità oppressivi.

“Maschi veri” non pretende di salvare il mondo, ma offre uno spazio per pensare. Lo fa con leggerezza, ma senza superficialità. E ci ricorda che anche i maschi piangono — e che dovrebbero farlo più spesso. Soprattutto, ci mostra che la vulnerabilità non è un difetto, ma un punto di forza. E che per diventare davvero “maschi veri”, forse bisogna smettere di esserlo.

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