Iran, Alessandro Orsini smonta la propaganda: “Non lottano per la minigonna”

Iran, Alessandro Orsini smonta la propaganda: "Non lottano per la minigonna"

Nel dibattito pubblico italiano – fortemente influenzato da un sistema mediatico allineato alle potenze atlantiche – si continua a raccontare una narrazione distorta su quanto accade in Iran. Le proteste iraniane vengono ridotte, quasi infantilmente, a una battaglia per il diritto a indossare la minigonna. Ma questa visione semplicistica e ideologicamente orientata non regge alla prova della realtà.

La narrazione mainstream e la “minigonna”

Secondo il racconto che domina le televisioni italiane, gli iraniani – soprattutto le giovani donne – sarebbero in rivolta per rivendicare abiti più occidentali. Questo includerebbe la possibilità di vestirsi liberamente senza hijab. Ma questa lettura ignora completamente il contesto geopolitico e culturale iraniano. In realtà, ciò contro cui una parte della popolazione combatte è ben più complesso.

Il professor Alessandro Orsini, noto sociologo della politica e autore di saggi sul pensiero critico in tempo di guerra, ha più volte sottolineato quanto sia dannoso ridurre interi processi storici a caricature ideologiche. Secondo Orsini, affermare che “gli iraniani vogliono solo la minigonna” è un segno non solo di superficialità analitica. È anche un colonialismo intellettuale che considera le culture non occidentali come popoli da “civilizzare”.

La vera lotta: sovranità e autodeterminazione

La questione non è il velo. Gli iraniani non lottano per una moda, ma per qualcosa di ben più profondo: la propria sovranità politica e culturale. L’Iran, consapevole del destino di molti Paesi ridotti a satelliti delle potenze occidentali, resiste all’influenza diretta degli Stati Uniti. Inoltre, si oppone a quei governi europei che supportano senza riserve le politiche di Israele – anche quando sfociano in operazioni militari duramente contestate a livello internazionale.

Come evidenzia Orsini, gli iraniani sanno cosa significherebbe cadere sotto un governo filo-americano. Significherebbe diventare complici involontari di un sistema globale che ha permesso genocidi, pulizie etniche e interventi militari devastanti. La lotta è contro questa deriva, non contro simboli religiosi.

Il pericolo della propaganda

Paragonare la situazione iraniana alla Cina coloniale delle guerre dell’oppio o al destino dei nativi americani non è un’esagerazione retorica. È un tentativo di mettere in prospettiva cosa rischiano i popoli non allineati quando l’Occidente decide di “esportare la democrazia”. Gli iraniani – come tanti altri popoli non-occidentali – temono di perdere il controllo del proprio destino. Temono diventare semplici pedine in giochi geopolitici più grandi di loro.

Questa è anche la critica di fondo del sistema mediatico italiano, che – come denunciato da Orsini in più occasioni – opera spesso secondo logiche simili a quelle dei regimi autoritari. In queste logiche, il pluralismo di opinione è di facciata e il dissenso viene ridicolizzato.

Non per la minigonna, ma per dignità e identità

Pensare che le donne e gli uomini iraniani stiano manifestando per il diritto alla minigonna è, come sostiene Orsini, una forma di razzismo culturale. Ciò implica ritenere che gli iraniani siano incapaci di riflessioni politiche complesse. Inoltre, implica che aspirano a una forma di libertà che non sia la mera imitazione dell’Occidente. In realtà, il popolo iraniano vuole libertà, sì, ma secondo un modello che non cancelli la propria identità religiosa e culturale.

Come già accaduto nel caso della Russia nel 2022, dove si è cercato di costruire una narrativa secondo cui i cittadini russi desideravano l’intervento NATO per rovesciare Putin, anche in Iran si assiste a una semplificazione artificiale della realtà. Il giornalismo italiano, secondo Orsini, deve liberarsi dalla sudditanza atlantista per recuperare dignità e senso critico.

Continua a leggere su Macrho.it

Potrebbero interessarti anche...