La salute spiegata in modo semplice
Trovate microplastiche nelle ovaie e nelle arterie: cosa rischiamo davvero?

Trovate microplastiche nelle ovaie e nelle arterie: cosa rischiamo davvero?

Microplastiche sono ovunque nella nostra vita quotidiana. Ogni giorno, inconsapevolmente, assorbiamo minuscole particelle di plastica attraverso il cibo, l’acqua che beviamo e persino con l’aria che respiriamo. Queste microparticelle – invisibili a occhio nudo – non solo si accumulano nel nostro organismo, ma sono state ora rinvenute anche in aree sensibili come le ovaie femminili e le placche aterosclerotiche delle arterie del collo. Il loro impatto sulla salute resta in parte sconosciuto, ma secondo molti scienziati è quasi certamente negativo.

Le microplastiche sfuggono anche ai filtri dell’acqua potabile?

Nonostante i numerosi sforzi per purificare l’acqua che arriva nelle nostre case, le attuali tecnologie di filtraggio non riescono a eliminare del tutto le microplastiche. Alcune vengono catturate, ma una percentuale continua a passare, tornando così nel ciclo alimentare. Il risultato? Un’esposizione continua, costante e potenzialmente dannosa.

Le microplastiche nel sistema riproduttivo femminile: cosa hanno scoperto gli scienziati italiani?

Un team dell’Università di Salerno ha pubblicato uno studio pionieristico sulla rivista Ecotoxicology and Environmental Safety, in cui si documenta per la prima volta la presenza di microplastiche nei liquidi follicolari delle ovaie. Analizzando 18 campioni di donne sottoposte a trattamenti per l’infertilità, i ricercatori hanno riscontrato la presenza di microplastiche in 14 casi su 18, con una concentrazione media di 2.191 particelle per millilitro e una dimensione media di circa 4,48 micron.

Ma non è tutto: la concentrazione di queste particelle è risultata direttamente correlata ai livelli dell’ormone FSH (ormone follicolo-stimolante), uno dei principali indicatori della fertilità femminile. Collegamenti meno forti, ma comunque rilevanti, sono stati osservati anche con l’età, l’indice di massa corporea e i livelli di estradiolo.

Le microplastiche potrebbero contribuire alla crisi della fertilità?

Secondo gli autori dello studio, l’interferenza delle microplastiche con gli ormoni riproduttivi potrebbe essere una delle cause della crescente difficoltà di concepimento che si osserva in tutto il mondo. Anche se non si può parlare ancora di un rapporto causale definitivo, il sospetto è forte, anche sulla base di quanto già osservato negli studi sugli animali.

Microplastiche nelle arterie: nuovo fattore di rischio cardiovascolare?

Un’altra ricerca, presentata al congresso dell’American Heart Association a Baltimora, ha approfondito una scoperta precedente condotta in Italia: la presenza di microplastiche nelle placche aterosclerotiche delle carotidi.

Gli scienziati della University of New Mexico hanno analizzato campioni arteriosi di circa 50 pazienti, suddivisi in tre gruppi: persone con arterie sane, con placche ma asintomatiche, e pazienti che avevano già avuto eventi gravi come ictus o cecità temporanea.

Il risultato? Le placche dei pazienti asintomatici contenevano 16 volte più microplastiche rispetto ai controlli, mentre quelle dei soggetti che avevano avuto un evento ischemico ne contenevano addirittura 50 volte di più. In media, si sono rilevati 895 microgrammi di plastica per grammo di tessuto, rispetto ai 57 microgrammi nei soggetti sani.

In che modo le microplastiche alterano il funzionamento delle arterie?

Oltre alla loro presenza fisica, le microplastiche sembrano alterare anche l’attività genetica dei macrofagi, cellule fondamentali per il controllo dell’infiammazione e la stabilizzazione delle placche. La loro compromissione può contribuire a rendere le placche più instabili e quindi più pericolose. Sebbene non siano stati identificati marcatori infiammatori diretti, i cambiamenti cellulari osservati sono considerati molto rilevanti.

È preferibile limitare il consumo di alimenti confezionati in contenitori di plastica.

L’acqua potabile è davvero sicura?

Un’ulteriore conferma delle difficoltà nel gestire il problema arriva da una review dell’Università del Texas di Arlington, pubblicata su Science of the Total Environment. Analizzando oltre 200 studi internazionali, i ricercatori hanno concluso che, al momento, non esiste un sistema davvero efficace per rimuovere tutte le microplastiche dall’acqua potabile. I sistemi di filtrazione attuali, progettati per sostanze organiche o minerali solubili, risultano poco adatti per le plastiche.

Cosa possiamo fare a livello personale?

Anche se la responsabilità principale ricade su industrie e regolatori, ciascuno di noi può contribuire a ridurre l’esposizione:

  • Evitare alimenti confezionati in plastica, preferendo imballaggi in vetro o carta.
  • Bere da bottiglie riutilizzabili, preferibilmente in acciaio inox.
  • Limitare il consumo di acqua in bottiglia.
  • Installare filtri domestici certificati, anche se non perfetti.

Serve un’azione globale: il punto dei ricercatori

Tutti gli studi convergono su un punto fondamentale: la gestione delle microplastiche richiede uno sforzo coordinato a livello globale. Mancano ancora standard internazionali per definirle, misurarle ed eliminarle in modo efficiente. Gli autori della review americana invitano ad avviare un percorso condiviso tra scienza, politica e industria, per costruire una strategia comune.

Un nemico invisibile ma concreto

Le microplastiche sono ovunque, e ora sappiamo che possono penetrare anche nei tessuti più delicati del nostro corpo. I rischi per la salute umana, seppur ancora da chiarire pienamente, sono già sotto gli occhi della scienza. Serve più consapevolezza, più ricerca e, soprattutto, un impegno concreto per cambiare rotta.

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